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Il terrore corre sull’ago della bilancia

Ci abbiamo dato dentro un intero ciclo invernale con dolcetti, torte, frappé,  crepes, abbuffate pasquali con tanto di cibi laboriosi e ipercalorici, e nonostante i freni dell’ultima ora, gli eccessi  presentano il conto sottoforma di un rotondeggiante ventre.
Demonizzato da una società ostile alla ciccia, il “rotolone per eccellenza” ci ricorda in un ripetitivo pro-memoria, che suona quasi come una minaccia, l’arrivo dell’estate.
Incombe l’ansia da spiaggia, frutto dell’incessante flusso nefasto di chi semina terrorismo psicologico dietro l’apparente e innocua locuzione “prova costume”.
A cominciare dalla riviste patinate di moda, agli spot pubblicitari, all’esercito di dietologi spediti in tv  a esaltare  le virtù di una siluette statuaria.
Rilanciata ogni sacrosanta stagione primaverile, la famigerata prova esplica già per definizione la sua condizione indissolubilmente finalizzata al risultato di un lungo e faticoso processo.
Rinchiudersi fra le quattro mura domestiche non aiuta.
LEI, l’imperterrita bilancia, causa dei più reconditi stress emotivi, nonostante le tristi colazioni e merende a base di yogurt e fette biscottate, sembra avere stretto un patto di intesa con LUI , l’impetuoso specchio che impassibile ci mostra i chili di troppo depositati qua e là, evidenziando l’onnipresente cellulite.
Consce sulla poca presa che hanno su di noi  gli appelli di autostima e i retorici discorsi sulla bellezza interiore cerchiamo di   assecondare la volontà  soppressiva  che vige nel nostro IO.
E via giù di lì quel soffice strato volgarmente definito  pancia, spesso accompagnato dalle cosiddette maniglie  dell’amore,  che benché armonicamente congiunte con le curve  tangenziali dei nostri glutei, non ci danno  proprio l’aspetto di una  sirena.
Facile a dirsi.
Quei 3- 4 chili (o forse 7-8?) ci appaiono saldamente depositati come in una cassetta portavalori.
E mentre il sogno utopico  di un addome piatto e scolpito ci appare sempre più lontano, ci avventuriamo, con pretese assolutamente ridicole, in disperati rimedi last minute culminanti in improvvise e drastiche diete  seguite  dall’acquisto di pacchetti  rassodanti /dimagranti/ tonificanti improvvisandoci  nutrizioniste-ginnaste-estetiste.
Stanche dei soliti consigli triti e ritriti che suggeriscono diete, addominali e tanto tanto sudore non ci rimane che perlustrare il web colmo di siti e blogger sull’argomento.
Le  tossine, se dopo  aver fatto il test sul loro livello,  il risultato ci ha fatto rabbrividire non allarmiamoci, una sferzata energica e vigorosa attività ci aiuterà a disintossicarci.
Tra le varie attività depurative emergono svariati esercizi:
squats;  per un recupero dignitoso di gambe e glutei,  allargando semplicemente (con i dovuti calcoli matematici) le gambe alla stessa larghezza delle spalle.
Humping jack; ossia stendere contemporaneamente (dopo aver trovato le giuste coordinate  ) braccia e gambe. Un esercizio aerobico che brucerà molti grassi.
Corsa spedita da fitness.; Camminare velocemente;  perlustrare  in lungo in largo sentieri mai battuti.
Dopo le propedeutiche attività motorie affidarsi a un’efficace dieta.
Spulciando tra i vari blogger, la più attendibile sembrerebbe la “dieta del talebano”.
Con pochi e semplici passi, seguiti con assoluta dedizione integralista,  dimagriremo a vista d’occhio.
Primo: non tenere cibi in casa. NO ai barattoli di Nutella, alle confezioni formato caserma di patatine fritte, a quel mezzo chilo di lardo di colonnata nel frigo. In casa solo (poco) pane integrale, carne bianca, pesce e tante TANTE verdure e frutta.

Secondo: non tenere bevande in casa eccetto l’acqua. No vino, no alcool, no ACE, no succhi di frutta. L'alcool è il nostro nemico, lo zucchero è il nostro nemico. Essi(?) non devono dimorare sotto il nostro tetto.

Terzo: la spesa, la nostra lista, testa bassa e via: Evitare lo scaffale delle noccioline, quello delle birre, quello degli affettati, quello della cioccolata.. insomma EVITARE.
Se neppure l’integralismo alimentare fa per noi a quel punto rassegniamoci al nostro stato di balena spiaggiata consolandoci all’idea di far parte di una specie in via d’estinzione che come tale verrà protetta.